È crisi, inutile girarci intorno. La quarta sconfitta interna stagionale. Una sola vittoria, e un totale di 6 punti conquistati, nelle 7 giornate del girone di ritorno. Prima volta in stagione in zona playout. Sono i numeri a dare le coordinate, inequivocabili, dell’involuzione che ha subito il campionato del Mantova.
Quella contro il Bari era la classica partita il cui equilibrio poteva essere spezzato solo da un episodio. Squadra solida quella pugliese, avversario ostico, con una difesa impermeabile, difficile da bucare. E un Mantova piuttosto spento, non particolarmente ispirato. Come già purtroppo visto altre volte, un errore nella costruzione dal basso ha causato il patatrac, spianando la strada a Maggiore per trafiggere Festa. Episodio certo, ma ormai troppo ricorrente per parlare di sfortuna, è un difetto strutturale. Lo svantaggio ha tagliato le gambe ai biancorossi, incapaci di imbastire una reazione rabbiosa e di innestare una marcia in più per tentare di riacciuffare il risultato. Lontani dal trovare un guizzo, una giocata risolutiva. Le sostituzioni stavolta, a parte l’ingresso di un vivace Bragantini, hanno tolto anziché aggiungere (uscito Burrai, si è fatto il vuoto in regia, e costruire l’azione è diventata una chimera).
È sfumato così un punto che sarebbe stato prezioso per la classifica, perché ormai l’abbiamo capito: quando non si può vincere è importante non perdere, ed è anche attraverso i pareggi che si deve costruire questa faticosa salvezza. Però. Però si era detto in settimana che il Martelli deve diventare il fortino su cui costruire i mattoni portanti per salvaguardare la categoria. E che contro il Bari era quanto mai necessario tornare alla vittoria, che fra le mura amiche manca dall’ormai lontano 20 dicembre. Martelli che era pure vestito a festa, grazie all’encomiabile iniziativa della società di far entrare gratis gli under 12. E invece. Invece la squadra non è sembrata scendere in campo con l’atteggiamento di chi vuole mordere l’erba, e cercare ad ogni costo il successo. Possanzini, che ha riproposto lo stesso modulo di Palermo (anche se Wieser è sembrato meno a suo agio di Artioli nel centrocampo a tre), predica fiducia. È lecito chiedersi, a questo punto della stagione, se il mister (che ha e avrà sempre la nostra stima e riconoscenza) ha la ricetta per uscire da questa impasse. Che questa rosa abbia una fragilità intrinseca, dovuta a chiari limiti sia tecnici che caratteriali, ormai è acclarato. Ma adesso i margini di errore sono ridottissimi. Ci sono 10 squadre, grosso modo di pari livello, che da qui a maggio si giocheranno la salvezza. Tocca ora allo staff tecnico trovare la medicina per guarire i mali di questa squadra.
Possibilmente trovando la quadra anche in termini di formazione tipo, perché il tempo degli esperimenti è finito. E tocca e ai giocatori capire che devono dare quel qualcosa in più in termini di concentrazione e determinazione per raggiungere l’obiettivo. A Frosinone sabato prossimo, contro una diretta concorrente, i punti varranno doppio. Lucidità, cinismo, e fuoco dentro, questo serve d’ora in poi. Le ciambelle di salvataggio stanno per terminare, e il destino di questa stagione in bilico si deciderà nelle prossime settimane.